Simona Apolito - Psicoterapia e ipnosi - Simona Apolito

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Psicoterapia e Ipnosi.

Mi piace molto prendere a prestito un passo della prefazione del testo “La psicoterapia tra arte e scienza” di V. Guidano in cui si dice che “come si faceva con gli artigiani per imparare il mestiere, bisogna andare a bottega”.
Sono da poco tornata dal congresso Sipsic, Società Italiana di Psicoterapia, che riunisce i principali approcci teorici dei modelli attualmente presenti di psicoterapia in Italia.
Uno degli obiettivi più ambiziosi della psicoterapia è stato quello di divenire scienza, ovvero avere le caratteristiche di riproducibilità, generalizzazione, utilizzazione.
Anche se, nel libro sopra citato, si definisce la psicoterapia, più che una scienza, un’arte.
A mio avviso proprio di arte, in effetti, si tratta. Arte come abilità del terapeuta nel creare le giuste condizioni di setting, anche da un punto di vista “estetico”, inteso come ambiente accogliente e funzionale per lo svolgersi di un processo tanto complesso e importante quale la relazione terapeutica. Arte come creazione di interventi terapeutici modellati sul paziente (il tailoring ericksoniano), pensiamo alla varietà e all’infinità di possibilità di induzioni ipnotiche ad esempio. Arte infine come capacità di giustapporre elementi in una relazione circolare che permetta lo svolgersi della relazione terapeuta-paziente.
Nel testo “La struttura della magia” (R. Bandler e J. Grinder) si definisce il terapeuta un mago: “nell’epoca moderna il manto del mago è per lo più sulle spalle di quei dinamici professionisti della psicoterapia la cui perizia è di gran lunga superiore a quella degli altri terapeuti e il cui lavoro ci appare così sbalorditivo da suscitare in noi forte emozione, incredulità e assoluta confusione”.
Parlando invece di terapeuti sistemici, G. Madonna scrive: “adottare il metodo della giustapposizione, del mettere cioè uno accanto all’altro pensieri diversi, significa allestire le condizioni perché possa avvenire l’abduzione, quella forma di ragionamento in cui una somiglianza riconoscibile tra A e B propone la possibilità di somiglianze ulteriori” (La psicoterapia attraverso Bateson, 2013).  Continua dicendo: “Il sillogismo sotteso a questo tipo di ragionamento è il sillogismo in erba, diverso da quello tipico della logica tradizionale cosiddetto in Barbara: Gli uomini muoiono/Socrate è un uomo/Socrate morirà”. Un esempio di sillogismo in erba invece è: L’erba muore/gli uomini muoiono/ gli uomini sono erba in cui vediamo che il “morire” non esclude da una classe, né include in una classe, ma è un predicato che unisce, connette.
È proprio questo il fine della psicoterapia: riconnettere là dove ci sono state separazioni e quindi disturbi, disagi, malesseri e patologie.
Mary Catherine Bateson afferma che “l’azione diventa l’espressione non più di ciò che si vuole, ma di ciò che si è”, pertanto l’azione spontanea del terapeuta non è più un’azione dell’Io ma un’azione che “non è ostacolata nel suo svolgersi”.
Il grande terapeuta C. Whitaker riteneva che “le cause del cambiamento, più che nell’insight o nell’accettazione positiva incondizionata, andassero ricercate nella relazione” e ancora “la possibilità di divertirsi nel fare terapia era, per il terapeuta, importante quanto le sue capacità tecniche e intuitive” (Considerazioni notturne di un terapeuta della famiglia, C. A. Whitaker): non posso essere più d’accordo.
Oggi sono molte le scuole di psicoterapia e differenti i modelli teorici. Ritengo che siano tutti, in una certa misura, validi. Sono convinta che la terapia la fa il terapeuta, perciò molto conta la capacità del terapeuta di “essere in relazione” nel qui ed ora del processo terapeutico, con la tecnica, l’abilità, l’esperienza certamente, ma anche con la sua disponibilità ad entrare nel dolore del paziente quanto più possibile, mettendosi nei suoi panni, vivendo e sentendo su di sé la sofferenza del paziente, in un continuo move-in – move-out. La stessa efficacia della trance ipnotica, è dimostrata dal fatto che il terapeuta stesso è a sua volta in trance durante l’ipnosi del paziente.  
La mia pratica terapeutica si avvale dell’uso dell’ipnosi, sia diretta che indiretta. Lo studio del linguaggio e della comunicazione umana perciò, nelle sue varianti di comunicazione verbale, paraverbale e analogica, è il mio principale campo di interesse.
Utilizzo spesso le storie e i racconti, che sappiamo essere anche una buona tecnica ipnotica indiretta, come tutto il linguaggio metaforico (v. Giardinieri, principesse, porcospini, C. Casula ).
Mi sembra inoltre necessario non trascurare l’importante contributo del sogno del paziente nel processo di terapia. Jung parlava del “ruolo complementare dei sogni”, ritenendo che la produzione di materiale onirico ristabilisce il nostro totale equilibrio psichico: “i sogni hanno origine in uno spirito che non è affatto umano, ma costituisce un respiro della natura: dovremo andarlo a studiare nelle antiche mitologie e nelle leggende della foresta” (L’uomo e i suoi simboli, C. G. Jung).
Ho avuto accesso alla pratica dell’EMDR, tecnica che considero efficace e mi propongo di approfondire, concordando con F. Shapiro quando dice che: “esiste un sistema insito in tutti noi, fisiologicamente in grado di elaborare le informazioni fino al raggiungimento di uno stato di salute mentale” (EMDR, F. Shapiro). Come anche Madonna afferma, la terapia consiste nel “coltivare capacità di riconnessione”, dove la capacità di cicatrizzazione è già programmata nei circuiti della Creatura (v. Mente e Natura, G. Bateson).
Ritengo dunque che la pratica della psicoterapia, indipendentemente dal tipo di sistema teorico di riferimento, debba avvalersi dell’arricchimento di diversi e molteplici punti di vista, come ricco e complesso è l’inconscio del paziente.
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